Antonio Marussi: un ingegnere geografo in prestito al ramo vita di Generali
11 Marzo 2022
Antonio Marussi (1908-1984), triestino di nascita, scienziato di fama mondiale, considerato uno dei più eminenti geofisici del ventesimo secolo, è il padre della moderna geodesia tridimensionale.
Laureatosi nel 1930 in matematica all’Università di Bologna, inizia la sua carriera di studioso dapprima presso l’Istituto geofisico di Trieste come sismologo e quindi all’Istituto geografico militare di Firenze in qualità di ingegnere geografo, come si legge nel curriculum vitae autografo conservato nel suo fascicolo personale presso l’Archivio Storico.
Approfonditi gli studi di statistica e matematica attuariale, nel 1934 viene assunto da Generali come matematico presso l’ufficio attuariale del ramo vita, ove conosce un altro grande uomo di scienza, Bruno de Finetti, con il quale condivide passioni, studi e affetti (ne sposò la sorella Dolores).
Nel 1937, come si legge nella lettera di commiato indirizzata all’allora presidente Edgardo Morpurgo decide di dimettersi per ritornare all’Istituto geografico militare di Firenze (a lui dedicato per meriti scientifici), mantenendo peraltro buoni rapporti con Generali e i colleghi, come si evince dalle lettere a loro indirizzate e recentemente versate all’Archivio dalla nipote Fulvia de Finetti assieme ad altri ricordi di famiglia. Piene di ironia raccontano la sua missione alle Eolie.
Nel 1952 diventa professore ordinario di geodesia nell’Università di Trieste ove fonda l’Istituto di geodesia e geofisica, uno dei più apprezzati del mondo. Per la sua attività scientifica e didattica, nel 1962 riceve un premio dal Ministero della pubblica istruzione.
Antonio Marussi parlava correttamene molte lingue tra le quali l’inglese, il francese e il tedesco, come si legge nel suo fascicolo personale, ed era un uomo dai mille interessi che spaziavano dalla letteratura alla filosofia, dall’etnologia alla musica e alle arti figurative (era nipote del pittore Piero Marussig), come ricordato in un appassionato omaggio degli amici della Commissione Grotte Eugenio Boegan. L’amicizia con lo speleologo triestino e la passione per la speleologia lo indussero a interessarsi alla Grotta Gigante nel Carso triestino, utilizzandola come laboratorio scientifico per effettuare misure di oscillazioni e movimenti della crosta terrestre nella zona carsica, installando due pendoli, da lui progettati, e tuttora funzionanti.
Marussi ha compiuto campagne geodetiche in Etiopia, in Grecia e nel Karakorum, partecipando in qualità di geofisico alla spedizione italiana del K2 nel 1954, la prima a raggiungerne la vetta. Ne sono anche testimoni alcune foto versate dalla nipote all’Archivio, oltre un appassionante articolo comparso sulla rivista aziendale il «Bollettino» del 1955, Il gravimetro per la spedizione al K2.
Il gravimetro è uno strumento «costoso e delicatissimo » come lo definisce lo stesso Marussi nel servizio per misurare l’accelerazione di gravità e venne dato in prestito alla spedizione da «una nota casa americana» di Houston. Con la copertura assicurativa offerta da Generali «per tutti gli avvenimenti che avessero potuto colpirlo, dal momento della sua partenza da Houston a quello della restituzione ai legittimi proprietari, dopo il suo uso sui ghiacciai del Baltoro durante i 5 mesi», Marussi poté usare questo delicato apparecchio «con quella tranquillità e quella serenità» necessarie alla buona riuscita delle sue ricerche.